H O M E P A G E

Bhutan e Sikkim 2004

L'unione fa la forza

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Itinerario (5 novembre - 21 novembre 2004)

5-6 novembre: Milano - Roma - Amman - Kolkata (Calcutta)
6 -7 novembre: Kolkata - New Japailguri (treno notturno)
7 novembre : New Japailguri - Siliguri - Darjeling
8 novembre : Darjeling - Tiger Hill - Melli - Pelling
9 novembre : Pelling - Sanga Choeling - Pemagyangtse - Tashiding - Gangtok
10 novembre : Gangtok - Labhang - Pebhang - Enchey - Gangtok
11 novembre : Gangtok - Rangpo - Jaigaon
12 novembre : Jaigaon - Puentsholing - Paro
13 novembre : Paro - Taktshang - Paro
14 novembre : Paro - Thimpu
15 novembre : Thimpu - Dochu La - Punakha - Pele La - Trongsa
16 novembre : Trongsa - Jakar (Bumthang)
17 novembre : Jakar - Pele La - Wangdi
18 novembre : Wangdi - Dochu La - Puentsholing
19 novembre : Puentsholing - New Japailguri
20 novembre : New Japailguri - Kolkata (treno notturno)
21 novembre : Kolkata - Amman - Roma - Milano

Riflessioni sparse

Erano anni che non mettevo piede in India ma mai avrei pensato di cominciare questo viaggio con un bell'interrogatorio di un'ora in dogana, per poi sentirmi chiedere scusa perché un mio omonimo molti anni fa creò una setta. Non sono ancora entrato che già questa caleidoscopica nazione-continente mi ha lasciato esterrefatto. Faccio due passi per il New Market di Calcutta, o meglio di Kolkata, per riassorbire colori-rumori-odori e confusione che avevo relegato nell'album dei ricordi. Quindi mi dirigo alla stazione da dove dopo essermi cimentato con dodici ore di treno notturno indiano mi dedicherò alla visita di una parte di India particolare, il Sikkim con le sue montagne, le sue strade senza rettilinei e i suoi tanti monasteri buddhisti per poi entrare in un mondo a parte: Druk Yul, il "paese del tenero Dragone", meglio conosciuto come il Bhutan, l'antico regno himalayano che sebbene si sia un po' aperto al turismo cerca di preservare le sue tradizioni con restrizioni per impedire di subire i travolgenti mutamenti che hanno così tanto cambiato il vicino Nepal.

Arrivato alla stazione di New Japailguri, carico i bagagli su una jeep e attraverso immense piantagioni di the mi dirigo verso Darjeling (West Bengala) incrociando più volte il simpatico Toy Train che dilettava in passato gli inglesi che venivano a riposarsi in questa zona alle pendici dell'Himalaya, in particolare del Kanchedzonga (la seconda montagna più alta) sul quale è possibile ammirare l'alba insieme a migliaia di indiani in delirio dall'osservatorio di Tiger Hill, 600 metri sopra alla stessa Darjeling. Nei dintorni non si può fare a meno di visitare i monasteri di Sonada e il più antico di Ghoom sempre frequentati dalla minoranza tibetana che ha trovato rifugio in questa zona. Per entrare in Sikkim, due sono i posti di frontiera: Melli e Rangpo dove è anche possibile ottenere il timbro sul visto indiano che permette di visitare questa regione a statuto speciale, che solo da pochi anni è stata riconosciuta appartenente all'India dai cinesi.

La prima sosta in Sikkim la facciamo a Pelling da cui si può finalmente scarpinare fino al monastero di SangaChoeling immerso in un paesaggio straordinario, con la solita foschia caratteristica di tutta la regione a causa della foresta tropicale che qui imperversa tranquillamente anche oltre i duemila metri … per poi visitare l'antico monastero di Pemagyangtse, in cui spiccano favolosi dipinti e un grande stupa in legno finemente lavorato e ottenuto da un unico pezzo di legno. Comincio subito a notare la tranquillità che mi coinvolge non appena metto piede in questi luoghi di riflessione, malgrado come a Tashiding ci sia una folla di monaci-bambini sempre intenti a lavorare divertendosi con secchi d'acqua, aratri spartani, pennelli, costruzione di maschere tipiche fino al silenzioso momento del pasto quando non vola nemmeno una mosca, e l'unico rumore è quello delle verdure versate nella piccola tazza in mano ad ogni bambino. Rimango un po' perplesso curiosando in una stanza adibita ad aula: ci sono cinque bambini che tenendosi le orecchie con le mani vanno su e giù sulle gambe imitande la figura del "pistone", è una punizione che si concluderà quando due di essi verranno colpiti con quattro forti frustate sulle mani dai monaci che li stanno educando.

La capitale è Gangtok, caratterizzata dalla funicolare che conduce dalla parte bassa a quella superiore sorvolando il traffico cittadino. Nei suoi dintorni alcuni famosissimi monasteri come quello di Pobhang e quello di Labhang, oltre a Enchey . Fuori Gangtok c'è Rumtek, qui stupisce che per entrare serva prima il passaporto e poi passare sotto un metal-detector vigilato da soldati armatissimi, ma qui potrebbe trovarsi il Karmaka , ovvero l'ultima reincarnazione che dovrebbe sostituire il Dalai Lama e che molti problemi può creare alla Cina, creatrice di un altro discendente. Bambini stanno lavando il cortile interno come preparazione della prossima Puja e resto incantato ad osservare come eseguano il loro lavoro ridendo e divertendosi come dei matti. Su e giù per le tortuose strade, salendo più volte a 2400 scendiamo poi definitivamente a Rangpo per rientrare in West Bengala diretti a Jaigaon, il paese di confine con il Bhutan ,caratterizzato dal solito caotico traffico indiano che però scompare come d'incanto quando si attraversa la frontiera con Puentsholing. Questo paesino è la prima rappresentazione della tranquillità che troverò in Bhutan, dalle 8 fino alle 22 si può entrare senza visto e subito cerco di capire se è vera quella frase letta sulle guide che tanto mi aveva colpito: "Gli uomini sembrano tutti in accappatoio"! E' vero, effettivamente il vestito tipico buthanese, il gho, sembra un bell'accappatoio con le maniche girate e termina in una sorta di gonnellino ... tutti gli uomini devono portarlo e per entrare nei monasteri o nei locali governativi vi devono aggiungere una sorta di scialle bianco così come tutte le donne vestono la tipica kyra con uno stupendo giubbetto che dà loro un certo tono di sobria eleganza.

Già dai primi passi capisco di essere entrato in un mondo a parte e questa Svizzera himalayana continuerà a stupirmi nella successiva settimana. Da buon vizioso mi informo subito se si può fumare scoprendo che per adesso è solamente bandita la vendita delle sigarette ma dal 25 novembre ci saranno anche pesanti sanzioni per chi fuma ... intanto consegno le foto per ottenere il visto di una settimana!
Per andare in Bhutan è necessario comprare un pacchetto da 200 dollari al giorno tutto compreso (trasporti - guida - albergo - colazione - pranzo - cena , questi ultimi due decisamente abbondanti e succulenti!), anche se pare che diverse agenzie riescano ad ottenere prezzi più bassi; il servizio è decisamente ottimo, molto superiore alle modalità di viaggio cui sono abituato io.
Una volta entrati con tutte le carte in regola, bisogna consegnare passaporto e due foto tessera all'ufficio di Rinsheding, 5 Km. da Puentsholing poi si aspetta vagabondando per quest'ultima piccola città di frontiera, anche perché la pericolosa e franosa strada per Paro apre soltanto alle 14. Qui l'unico svago è osservare i fedeli che pregano e girano attorno al piccolo Chorten in completo silenzio.

Una volta partiti ci aspetta una tortuosa strada di montagna, lungo la strada di fianco a notevoli precipizi e attraversando lunghi tratti franati che mettono una certa ansia, fanno bella mostra di sé una bella quantità di cascatelle, alcuni delle quali vengono sfruttate per lavare auto e camion. Tutti i camion recano nel retro la scritta "suona il clacson", ovvero indicano l'unico metodo possibile per affrontare sorpassi su queste strade.

Così come lessi che in Bhutan la scuola è obbligatoria fino ai 14 anni e che poi chi vuole proseguire è aiutato dallo stato, in quanto ai bhutanesi vengono risparmiati i lavori pesanti, a parte chi si dedica all'agricoltura e alla pastorizia, gli altri si dedicano al commercio o a lavori d'ufficio ... così mi accorgo che tutti i lavori pesanti sono fatti da immigrati indiani e nepalesi. Infatti lungo le strade in tanti sono impegnati con lavori pesanti, stradini e soprattutto tanti spaccatori di pietra tra cui spiccano addirittura giovani donne con in braccio bambini di pochi mesi; in poche parole ci scontriamo con la tristemente poco nota "servitù da debito", una modalità di schiavitù molto diffusa soprattutto in queste zone e di cui pochissimo si parla. Il governo bhutanese dà in appalto la costruzione e sistemazione delle strade alle compagnie private indiane chiudendo gli occhi su come poi vengono effettivamente svolti questi lavori.

Mentre procediamo per Paro piano piano il paesaggio cambia, dalla foresta tropicale si passa a grandi boschi di conifere (con il risultato che anche la luce è più nitida!), dopo circa 5 ore di bus arriviamo ad un bivio caratterizzato da un check-point da cui la strada prosegue verso Paro o verso la capitale, Thimpu. La nostra prima tappa è Paro con il suo maestoso Dzong sotto il quale transitiamo mentre procediamo verso il nostro alloggio. Paro è molto piccola, ha un lungo viale attorno al quale sono insediate le tipiche case ... queste a prima vista possono ricordare i nostri masi ma da vicino eccellono per i fini particolari intagliati nel legno e per alcuni disegni che spesso ne abbelliscono i muri, essendo nel sub-continente indiano non poteva certo mancare qualche "notevole" immagine fallica!

Da Paro ci trasferiamo di qualche chilometro all'interno di una grande pineta, da qui dopo tre ore di scarpinata in salita arriviamo all'entrata dell'affascinante monastero di Takshang, appollaiato suggestivamente sotto il cucuzzolo di una montagna, sopra ad alcuni strapiombi di roccia dritta. Purtroppo ci dobbiamo accontentare di questa suggestiva immagine ma per entrare bisogna avere un permesso speciale, ci consentono di arrivare fino alla porta, vicino alla quale scorre un ruscelletto grazie al quale una tipica preghiera (un cilindro posto su un perno sotto il quale scorre l'acqua, n.d.r.) ruota senza sosta facendo sì che "le preghiere vengano lanciate al cielo dal vento" ... una situazione decisamente tipica e ancor più evidente in luoghi come il passo di Dochu La a 3200 metri circa, dove attorno ai tanti chorten (piccoli stupa, n.d.r.) vengono appesi file di preghiere (per essere chiari: sembra di vedere panni stesi) ai tanti alberi creando così un luogo di preghiera maggiormente vicino al cielo, io vi appenderò le preghiere che mi hanno regalato in un antico monastero a Thimpu.
Nel salire a Takhtshang faccio un incontro ravvicinato con una mucca gigantesca con due corna che insieme raggiungono circa il metro di apertura, la chiamerò mucca-yak ma in verità deriva da incroci, cui hanno collaborato specialisti svizzeri, tra le magre mucche indiane e mucche Jersey. Alla caffetteria utilizzata come belvedere per il monastero facciamo un primo incontro-scontro con i prezzi dell'artigianato locale, per una piccola preghiera tipo tibetano mi vengono chieste 650 , ma non rupie bensì USD ... tenendo presente che il cambio è 1 Euro = 55 Rupie indiane, inoltre le rupie indiane sono spendibili in Bhutan mentre i Ngultrum bhutanesi (stesso valore della rupia) non sono spendibili in India. Altra particolarità bhutanese è che causa la diffusione di banconote false, la banconota da 500 rupie indiane è difficimente utilizzabile nel regno buthanese.

La prima vera giornata bhutanese si conclude con la visita del bello Dzong di Paro: lo dzong è la tipica costruzione bhutanese presente in ogni distretto (dzongkhag) che domina dall'alto le maggiori città, e al suo interno si suddivide in due parti, una religiosa che ospita templi e abitazioni dei monaci (rabdey) e l'altra che ospita gli uffici amministrativi. Per entrare in questa fortezza i bhutanesi oltre a dover indossare il gho, devono avere una specie di scialle bianco (kabney) ... pur essendo tutti dotati di caratteristiche originali, ogni dzong presenta un grande cortile interno (dochey) e un corpo centrale chiamato utse, mentre all'esterno c'è una torre d'avvistamento: ta dzong.
Lungo la strada per Thimpu ci fermiamo a visitare il giardino botanico reale, ma in questo periodo è decisamente una delusione, mentre dovrebbe essere assolutamente eccezionale verso aprile-maggio: il periodo di fioritura delle orchidee, di cui tante specie si trovano in questa regione.

La domanda di tanti è "vale la pena spendere così tanti soldi per visitare questo paese?", la mia risposta è "senz'altro sì" perché è una nazione fuori dal mondo unica nella sua architettura inserita in un paesaggio simil-svizzero (pinete e montagne), con i favolosi dzong in cui respirare una rilassante atmosfera fuori dal tempo. Se in Sikkim qualcuno sosteneva che avendo già visitato i monasteri del Ladakh e del Tibet, i monasteri qui perdevano interesse ... invece qua sebbene in qualche modo ci siano delle similitudini con quelli tibetani l'architettura degli dzong è veramente originale!
Dalla terrazza dell'hotel posso ammirare lo dzong di Paro che emerge alle prime luci dell'alba, per poi ammirare dall'esterno ("non siamo invitati!") una festa di matrimonio e per immergerci nel piccolo ma interessante mercato di Paro, in vendita ci sono prevalentemente prodotti della florida agricoltura locale. Uscendo dalla città dobbiamo stare fermi una decina di minuti in strada o almeno finchè non decolla un aereo dal vicino aeroporto!

Al contrario di Paro, Thimpu è una vera e propria città ... purtroppo arriviamo tardi per assistere al mercato del weekend, ma le strade sono affollatissime di immigrati indiani intenti ai commerci più variegati. Molto interessante è la visita al Memorial Chorten, animato da diversi fedeli che instancabilmente e nell'abituale senso orario continuano a girare pregando attorno allo stupa ... poco lontano con lavori di ristrutturazione si erge il monastero femminile. Come al solito fa il suo figurone Pietro, che come avevo fatto io nel nord del Vietnam, si è dotato di una Polaroid per fare omaggio di una fotografia ai personaggi più simpatici, spesso bambini, senza accontentarsi di far solo vedere la loro immagine nel piccolo montior della macchina digitale.

Da Thimpu partiamo per un trasferimento veramente lungo e tortuoso, sostiamo prima al passo di Dochu La, già menzionato e in cui spiccano 108 stupa e le preghiere stese, quindi scendiamo a Wangdi per dirigerci al maestoso dzong di Punakha, ritenuto giustamente lo dzong più bello del Bhutan: nel mezzo del suo cortile c'è un banian tree, l'albero della fratellanza spesso messo in relazione con la vita di Siddharta.
Io intanto concordo pienamente con le belle descrizioni di questo paese che avevo trovato in "La tigre e il monaco buddhista", un avvincente romanzo scritto da un medico svizzero, Eric Allgower, che aveva ambientato la sua storia in Bhutan e in particolar modo nell'affascinante regione del Bhumtang, verso la quale siamo diretti anche noi.

Lo Dzong di Trongsa si distingue dagli altri perchè dall'esterno non sembra un palazzo unico ma più costruzioni unite. Da Trongsa superiamo altri due passi per arrivare finalmente nella valle del Bumthang, con la sua capitale Jakar, anch'essa ovviamente caratterizzata da uno dzong.
Tutto il viaggio è stato all'insegna del buon mangiare, oltre a qualche piatto piccante e a qualche sugo agrodolce che accompagnava pollo, carne di maiale e pesce ... c'è sempre stata una notevole abbondanza di vegetali tra cui ha spiccato senza alcun dubbio una favolosa purea di zucca.

Per la prima volta nella vita ho finalmente incontrato gli yak, grossi e maestosi mi stupiscono però per l'agilità e per il modo in cui scendono o salgono da dirupi in cui io stesso avrei grosse difficoltà: ne trovo di liberi ma anche alcuni in pascolo, proprio belli!
Nel ritornare verso la frontiera incontriamo molte scolaresche, non manchiamo di visitare un Chorten isolato decisamente simile per aspetto a quelli nepalesi con gli occhi che ci guardano sempre. Abbracci con gli autisti e le guide: ormai diventati come vecchi amici!!

Quindi attraversiamo a piedi la frontiera e nell'ufficio immigration di Jaigaon rifacciamo le declaration card per l'India, riprendiamo possesso delle nostre jeep e attraversando le immense piantagioni di the con tante donne al lavoro, ci dirigiamo alla stazione di New Japailguri. Qui c'attende un'immane fatica: la salita sul treno per Calcutta .... è difficile descrivere questa situazione a chi non l'ha mai vissuta. Sulla carrozza cuccette di seconda classe senza aria condizionata ci sono 72 prenoitazioni ma salgono almeno 150 persone: tutti i prenotati, almeno 20 altre persone che verranno poi allontanate dopo l'intervento dei controllori, una quarantina di facchini che poi vogliono anche scendere, venditori vari e qualche militare. Dopo circa 20 minuti estenuanti di calca finalmente mi siedo nel mio scompartimento e prendo fiato.
Poi a me ed altre due ragazze italiane viene una gran pensata: andiamo a fumare una sigaretta nello spazio tra i due vagoni, dopo alcune tirate veniamo raggiunti da due militari che ci segnalano come la cosa sia vietata e punita con 100 rupie di multa, cerco di pagarla ma niente da fare … comincia una lunga trattativa tutta giocata da parte mia sul sorriso quindi interviene un superiore che alla stazione successiva ci invita a scendere per fumare e ci spostiamo di alcuni metri dalla carrozza, quel tanto che ci basta per vedere un uomo morto coperto da un lenzuolo bianco mentre tutta la gente continua il suo tranquillo via-vai ... un po' stupefatti risaliamo sul treno e il militare di prima viene a salutarci quindi concludiamo con uno scambio: io do a lui una delle mie sigarette e lui regala a me una sigaretta indiana, il tutto con sorrisi e grandi strette di mano!!!!

Dopo dodici ore di treno notturno finalmente arriviamo a Kolkata (Calcutta, n.d.r.): ammiro il ponte Howrah tanto famoso quanto brutto, il Memorial Victoria, un bellissimo Tempio Gianista (che mi fa tornare alla mente le meraviglie viste in passato nella città santa di Palitana) e poi proseguiamo per il Kalighat Temple ma la folla di fedeli intenti a sacrificare animali ci impedisce di vederne l'interno, ma più di tutto ciò che mi resterà impresso di questa immensa città sono i luoghi di Madre Teresa di Calcutta. Visitiamo la sua tomba, un centro di ricovero per malati gravi e l'orfanotrofio in cui vengono portati bambini abbandonati: handicappati mentali e fisici, per ognuno dei quali c'è un volontario, tra questi riconosco alcuni dei passeggeri dell'aereo dell'andata e mi scappano diverse lacrime!
Forse non ero pronto o forse il contrasto con quanto provato nel tranquillo Bhutan è molto forte ma l'India ancora una volta mi si presenta come un paese molto difficile da affrontare soprattutto dal punto di vista morale!


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ultimo aggiornamento 19/10/2021