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Malawi, il cuore caldo dell'Africa

Resoconto di un trekking nell’altopiano del Nyika

Dare una descrizione sintetica del Nyika è un’ardua impresa. Potrei rifarmi a quanto mi è stato detto da David, un commerciante inglese che vive da anni nel Malawi e conosciuto durante il volo per Lilongwe, che nel descrivermi il Nyika non faceva altro che ripetere continuamente tutta una serie di aggettivi superlativi. Ciò mi confortava sulla buona scelta della tappa che avevamo in programma ma non mi dava nessun riferimento su cosa effettivamente andavamo a vedere. Del resto le stesse informazioni a disposizione sull’intero Malawi sono assai poche. Un paese che fa poca notizia nel resto del mondo e non perchè risulti turisticamente poco interessante ma perchè piccolo, non strategico a livello politico-economico e tranquillo dal punto di vista sociale. Una terra dove si respira continuamente questa tranquillità, nella sua gente e nei suoi paesaggi e che gli ha dato l’appellativo, più che meritato, di "cuore caldo dell’Africa".

Il Malawi è un caleidoscopio di paesaggi che può soltanto sconcertare per la varietà di ambienti presenti in un così piccolo territorio. Su una superficie grande quanto un terzo dell’Italia si passa da ambienti di vetta rocciosi che toccano i 3000 m. di quota, a praterie e pascoli alpini sottostanti, ad estese foreste di pini e cipressi disseminate nelle aree montane più fertili, fino alle foreste tropicali di media montagna. Sotto i 1000m. di quota si incontrano le classiche savane ad acacie e baobab che spesso sfumano con intricati sistemi d’acqua dolce dati da fiumi ad andamento meandriforme e sconfinate paludi tappezzate da ninfee e papiri. Vi è inoltre il Lago Malawi, tanto grande da sembrare quasi un mare con scogliere a dirupo, coste boscate fino alla riva o piccole spiagge. A tutto ciò si somma la millenaria attività dell’uomo con villaggi di pescatori (sia sul lago che sulle principali paludi) e villaggetti rurali sparsi in tutto il territorio con annesse coltivazioni di caffè in montagna, tè in collina, tabacco e arachidi negli altopiani e canna da zucchero e riso nei fondovalli a livello del mare.

Come singolarità d’ambiente spicca, tra tutti, l’altopiano del Nyika che in lingua Tumbuka significa "selvaggio". Il parco che vi è stato costituito (il più famoso di tutto il paese) è posto a nord al confine con lo Zambia, dove copre una superficie di oltre 3000 Kmq di cui il 90% si trova sopra i 1800m. di quota. Da Mzuzu(capoluogo della regione settentrionale del Malawi) al Nyika sono solo 190 Km. Di distanza ma occorrono almeno cinque ore d’auto, su strada per lo più bianca ed in pessime condizioni che sembra non finire mai. Dopo tre ore si è comunque già al gate di entrata del parco ed il paesaggio(dato da boscaglie di montagna) non è nulla di esaltante e di particolare. Entrando nel parco la strada si inerpica decisamente sul versante montano, la boscaglia si dirada e l’aria si fa più fresca e tersa ... e finalmente il Nyika si presenta com’è: un altopiano sconfinato composto da una miriade di dossi e collinette morbidamente disegnati fino a perdersii nell’orizzonte e che alla luce radente della sera si presentano plastici e modellati. Ovunque domina la prateria e sebbene siamo in piena stagione secca ci sono sempre dei germogli freschi che attirano gruppetti sparsi di eland(tra le più grandi antilopi africane) e di zebre, entrambe facilmente avvistabili grazie all’ampia visuale dell’altopiano. Sono presenti anche intricati boschi tropicali ma sono tutti localizzati negli avvallamenti e negli impluvi in modo tale da accentuare il contrasto cromatico del paesaggio e la morfologia di tutto il paesaggio. Un paesaggio così non può che obbligare ad una lenta osservazione e contemplazione, seguendone tutti i colori e le ombre del tramonto; anche se ciò comporterà l’arrivo al Chelinda Camp(base e centro direzionale del Parco) con il freddo e a sera inoltrata. Alla direzione del parco ci vengono presentate le diverse possibilità di visita che vanno dai drive safari, a gite a cavallo ed escursione a piedi di varia durata. Optiamo unanimi per un trekking ... il miglior modo (a nostro giudizio!) per visitare e vivere questo parco. Tra i vari percorsi scegliamo il più noto ed interessante che viene denominato Livingstonia Trail e che in tre giorni attraversa il parco in senso W-E giungendo fino all’abitato di Livingstonia, già meta in programma del nostro itinerario.

Alle 6.30 Sono già in piedi. La notte in tenda è stata fredda e mi ritempro un po’ accanto alle braci del fuoco della sera prima. Ci sono un po’ di nuvole all’orizzonte che ritardano l’albeggiare e dei gruppetti di eland sono in già in pastura sotto il nostro campo. Dopo colazione arrivano i nostri tre portatori con guida armata; noi siamo solo in sette e riusciamo a far stare quasi tutto il necessario su tre capienti bagagli. Il Chelinda Camp è piccolo ma relativamente affollato da locali che assistono alle nostre operazioni di preparazione. Partiamo alle 10.15, la temperatura è piacevole, il cielo è terso e il sole è già alto. Il percorso odierno è su un piccolo tracciato che dopo pochi minuti di marcia, quando le costruzioni del Chelinda Camp saranno occultate alla vista, rimarrà l’unica traccia antropica. Il Nyika è tutta una tavolozza di colori, o meglio di tonalità pacate di grigi, bruni e verdastri della vegetazione a riposo in una indescrivibile varietà di toni. Dalla colorazione paglierina chiara dei pascoli mista al bruno della terra arsa nei dossi, ai grigi-verdi delfieno nei prati pingui, al dorato dei felceti nei fondovalle al verde bronzeo dei pochi arbusteti, il verde cupo dei nuclei di foresta tropicale, al grigio argenteo dei cespi fioriferi di elicriso e tante altre ancora. La distribuzione della vegetazione e dei suoi colori non è chiaramente casuale ma segue i giochi dei versanti e della morfologia accentuando ulteriormente le morbide curve delle colline. Il nostro sentiero sembra poi fatto per capriccio; un bizzarro, ma comodo sali e scendi che come unica logica ha un’ipotetica direzione verso E .... altri riferimenti non ce ne sono. Dalle sommità delle varie alture dell’altopiano si spazia con lo sguardo a 360° senza vedere confini ... ed è qui che il Nyika appare veramente grandioso. Ora mi vengono in mente le parole di David che non riuscivano a descrivere tutto questo e posso capire ora la difficoltà di esprimere appieno questo spazio. Un cespuglio isolato un po’ più grande degli altri o un affioramento roccioso sono talvolta i pochi elementi di contrasto e di riferimento del paesaggio che, ovviamente, non passano inosservati e, il più delle volte meritano anche una sosta più prolungata. La fauna selvatica è presente ovunque seppur diffidente all’uomo. Frequentissimi sono i gruppi famigliari dell’antilope cabriolo o "mountain reedbook", i più massicci e con il manto più cupo e denso dell’omonima specie di savana in quanto più adattata ai rigori climatici del Nyika. Sono sempre all’erta e al nostro passaggio si lanciano in fuga, non ci sono molti luoghi per nascondersi qui e pertanto si tengono sempre a dovute distanze. Stesso dicasi per i facoceri, le zebre e l’antilope alcina che, di norma, si vedono solo in fuga. Si è sempre a guardare dappertutto fuorchè il nostro sentiero e la guida e i portatori hanno il loro da fare a attenderci e raggrupparci. In spazi così aperti non ci sono chiaramente rischi di perdersi, tutt’alpiù si può inciampare su qualche termitaio alto poco più di una decina di cm. Ma composto di fango durissimo.
Camminiamo per cinque ore circa con tutta calma, frequenti pause e piccole deviazioni. La guida, dalla sommità dell’ennesimo colle, ci mostra il nostro campo per la notte. Nell’avvallamento sottostante c’è un piccolo rigagnolo nascosto tra la vegetazione arbustiva con uno spiazzo pianeggiante adiacente ... sembra un invito per lanciarsi in una corsa per quest’ultima discesa. Montiamo subito le nostre tende mentre i portatori ci procurano la legna da ardere. L’acqua è fresca e buona anche da bere. Alle 17 il sole tramonta inesorabilmente presto in questo inverno australe ma abbiamo già il fuoco acceso per la nostra cena.

La notte è stata particolarmente fredda e i nostri portatori, non avendo la tenda, sono stati svegli tutta la notte intorno al fuoco. Già dall’alba il Nyika si ripresenta con una nuova sorpresa. La nebbia che era calata la sera prima si è condensata in brina e ha ricoperto di bianco tutto il paesaggio intorno a noi. Il tutto non durerà che pochi minuti in quanto con i primi raggi di sole la brina viene sublimata in vapore acqueo e compare subito il sereno. Anche oggi abbiamo circa 5-6 ore di cammino ma su un tratto più lungo ed in discesa. Dopo un po' le macchie di arbusti si fanno più frequenti per poi diventare dei veri e propri boschi. Si cammina così dentro una rigogliosissima foresta tropicale calandosi bruscamente di quota. Un portatore ci fa da apripista ed occorre seguirlo con attenzione in quanto bastano pochi metri per distaccarsi e vederlo scomparire tra la fitta vegetazione. Lo spazio ed il tempo all'interno della foresta diventano assai soggettivi e quando si sbuca su una radura ci si rende conto anche di come è cambiato l'ambiente rispetto al giorno prima.
Dell'altopiano non c'è più traccia, ora ci sono solo crinali scoscesi completamente boscati e avvolti nella nebbia. Con l'aria così carica di umidità non si vede tuttavia molto lontano mentre la luce del sole è sempre filtrata e diffusa senza creare ombre. Su un piccolo slargo del sentiero, dopo circa 500m. di dislivello facciamo una breve pausa per raccogliere il gruppo e riprendere le forze. C'è un po' di stanchezza per tutti sia per la discesa in sè su fondo irregolare e sia per l'intenso lavoro di braccia necessario per farsi strada nella foresta. Scendendo ulteriormente di quota la vegetazione cambia ancora: da bosco tropicale integro, a rade boscaglie fino alle prime comparse di campi agrari terrazzati. Il sentiero non ha più l'aspetto di pista escursionistica ma di un tracciato rurale ben segnato dal continuo passaggio e lavoro della gente locale. Qualche grosso albero di limoni, piantato da chissà quanto tempo, segna un punto di sosta o qualche crocevia. L'agricoltura è assai povera e rudimentale su terrazzamenti arditi con modeste produzioni di vegetali di prima sussistenza come manioca, fagioli, mais e gruppetti di piante di banane. Si intravvedono anche le prime abitazioni dati da villaggi di poche case costruite con fango e paglia con qualche animale da cortile che vi razzola. Non è molta la gente che si intravvede. I malawiani sono persone molto discrete e l'accattonaggio non è nei loro costumi. Se interpellati però sono molto gentili anche se per umiltà difficilmente alzano lo sguardo. Piantiamo le tende per la notte su un dosso boscato in prossimità di alcune piantagioni di caffè. Verso l'imbrunire si intensifica il vociare degli occultati villaggi attorno a noi ma è tutto tranquillo e noi ci sentiamo piacevolmente esclusi, come osservatori non interferenti del loro sistema di vita.

Ci svegliamo con tutta calma anche se la nostra guida ci sollecita di partire quanto prima per evitare le ore più calde. L'odierna e ultima tappa si svolge su comode piste ed è tutta dedicata al paesaggio agreste e alla sua gente. Si intravvedono delle coltivazioni di caffè e delle annesse e rudimentali strutture per il suo lavaggio ed essicazione. In tutta l'area montana del Nord del Malawi il caffè è infatti la produzione più diffusa anche se è difficile rendersi conto dell'effettiva estensione delle coltivazioni in quanto si tratta sempre di piccoli appezzamenti frantumati in tutto il territorio. Scendiamo di quota costeggiando una valle fluviale che man mano si fa sempre più ampia. Ormai il paesaggio è completamente modellato dall'uomo ed i campi agrari e le varie coltivazioni coprono tutto il territorio a disposizione. Lungo la strada si intensificano gli incontri con popolazione indigena: dei bambini che giocano, delle donne con dei panni da lavare, un anziano sotto l'ombra di un banano e delle ragazze che parlano animatamente durante il lavoro nei campi. Il tutto è però quanto mai discreto. Fino ad ora non abbiamo incontrato nessun turista occidentale, e non credo ne passino molti qui, ma il nostro passaggio continua a non destare particolare interesse tra questa gente.
Lungo il torrente del fondovalle si concentrano le abitazioni e alle precedenti coltivazioni si sommano anche il mais bianco, il miglio e le lenticchie. Siamo in piena stagione secca ma tutte le colture sono in vegetazione e l'acqua sembra non mancare mai. La tettoia di una capanna o le fronde di un banano sono un piacevole momento di sosta e di riparo dal sole che ora si sta facendo sempre più insistente. Le fredde notti dei giorni scorsi nell'altopiano sembrano solo un ricordo. Dopo circa tre ore di cammino il sentiero abbandona il fondovalle, ne scavalca diagonalmente la pendice ed attraversa alcune collinette che fanno perdere subito ogni orientamento e riferimento geografico. Quando manca circa un'ora a Livingstonia, un torrente con piccole cascatelle è un buon pretesto per rinfrescarsi e consumare uno spuntino. Parto da solo un po' prima di tutti per quest'ultimo tratto. La strada è ben segnata, non c'è più pericolo di perdersi, il trekking è praticamente finito e si tratta solo di raccordarsi con l'abitato posto su una balconata qualche centinaio di metri di quota più in alto. Come sempre gli ultimi metri sono sempre i più lunghi e non sembrabo finire mai anche se, per fortuna, è questo il momento in cui escono le ultime energie nascoste.

Giunto finalmente alle prime case di Livingstonia vengo già riconosciuto da alcuni ragazzi del posto che mi scortano fino al nostro lodge. Albert, il nostro autista, era già arrivato e aveva già sparpagliato voci sul nostro arrivo. Nell'arco di mezzora ci ricomponiamo tutti, siamo visibilmente stanchi ma senz'altro soddisfatti per questo assaggio di Malawi. Cerco di far mente locale sullo spazio e tempo trascorso in questi tre giorni di cammino. Non è facile. E' stato tutto così intenso, vario e allo stesso tempo disorientante nel suo sviluppo geografico, così complesso e poco percettibile. Beh ..... siamo solo all'inizio del nostro viaggio ed il Malawi avrà ancora molto in serbo per stupirci. Ci aspettano ancora le spiagge del lago, le foreste dello Zomba Plateau, le cime rocciose del massiccio del Mulanjie, le savane di Liwonde, le paludi delle Elephant Marsh, ecc. ecc.

Michele Bottazzo


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1998 - 2022 Marco Cavallini


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